Vorrei condividere la mia gioia per avere partecipato al 63° Convegno Missionario Nazionale dei Seminaristi, svoltosi a Firenze dal 2 a 5 maggio 2019 dal titolo “Lo Spirito Santo protagonista dell’evangelizzazione”. È stata questa una bella occasione di riflessione, dibattito e discussione sulla missione in Italia e in tutta la Chiesa. Per me è stata un'emozione grande partecipare a questo Convegno, perché mi ha fatto ricordare l'anno 2010, quando ho partecipato al 1° Convegno Missionario Nazionale dei seminaristi del Brasile a Brasilia, offerto dalla Pontificia Opera Missionaria. Lì ho scoperto un volto della Chiesa che non conoscevo. Questo evento mi ha fatto conoscere per la prima volta la possibilità di essere missionario “ad gentes”. La mia vita è stata toccata in modo tanto profondo e significativo che è cambiata. In quell'occasione ho conosciuto tante congregazioni e istituti missionari, e in modo particolare ho sentito una testimonianza di un padre che parlava del PIME, l'Istituto dove mi trovo attualmente, e della sequela Christi in mezzo alla gente. Per questa ragione partecipare a questo convegno missionario è stato qualcosa di speciale, ossia ha rafforzato e rinnovamento in me il desiderio per la missione. Adesso con una conoscenza maggiore di P. Paolo Manna e del PIME, posso dire che l'esperienza che mi ha provocato nel 2010, oggi si rinnova con la partecipazione a questo convegno: sento con forza che si tratta di un'azione di Dio nella mia vita. Mi fa inoltre pensare a come la mano di Dio mi abbia sostenuto. Questa è la prova che lo Spirito soffia dove vuole. Lo vediamo anche nell'ispirazione di P. Paolo Manna nel XX secolo di fondare la Pontificia Unione del Clero, punto di riferimento della formazione missionaria, i cui frutti rimangono fino ad oggi in modo tanto concreto. Esco da questo convegno con il cuore pieno di gratitudine per aver potuto condividere un po' dell'esperienza comunitaria internazionale del PIME, che pone al centro una formazione missionaria “ad gentes”, “ad extra”, “ad vitam” e “insieme”. Qualche volta penso alla missione come a un sogno, mi sembra lontano, ma percepisco che Dio agisce nel cammino passo dopo passo, fino a condurmi alla meta. L’avere partecipato a questo convegno è stato molto più che un desiderio dei formatori, ma l'azione di Dio per mezzo loro. Per questo sono grato. Il Convegno ha mi portato a una maggior conoscenza e comprensione della chiesa locale, ed è servito come provocazione verso l'apertura universale a cui ogni diocesi è tenuta, ricordando il monito di P. Paolo Manna: “Tutta la chiesa per tutto il mondo”. Così tutti: seminaristi, formatori e preti sono chiamati a vivere il senso di chiesa missionaria in uscita. Abitati dal fuoco dello Spirito tutti siamo chiamati ad annunciare la buona novella di Gesù nel nostro tempo. Lo Spirito ci spinga a partire con il desiderio di santità e ad andare nel mondo per percepirvi già la presenza amorosa di Dio per ogni persona. Alan DUARTE Un Martire per il nostro tempo ![]() “Noi missionari non siamo davvero nulla. Il nostro è il più misterioso e meraviglioso lavoro che sia dato all’uomo non di compiere, ma di vedere: scorgere delle anime che si convertono è un miracolo più grande di ogni miracolo”. (padre Alfredo Cremonesi) l Pime avrà presto un nuovo beato. E sarà il quarto dei diciannove martiri dell’istituto a salire alla gloria degli altari. Papa Francesco ha infatti autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce il martirio di padre Alfredo Cremonesi, missionario del Pime1, ucciso nel 1953 in Birmania (oggi Myanmar). La diocesi di Crema, la Chiesa locale di cui era originario, ha già annunciato che la beatificazione si terrà nell’ottobre 2019, durante il mese missionario straordinario voluto da papa Francesco. Nella famiglia dei santi e dei beati del Pime, andrà ad affiancarsi a sant'Alberico Crescitelli e ai beati Giovanni Battista Mazzucconi, Paolo Manna, Clemente Vismara e Mario Vergara. Quella di padre Alfredo Cremonesi è un'altra storia di santità che vede intrecciarsi le vicende del Pime con quelle della Chiesa del Myanmar. Il nuovo futuro beato era nato il 15 maggio 1902 a Ripalta Guerina (Cremona). Affetto fin da giovane da gravi problemi di salute affidò a santa Teresa del Bambino Gesù la sua vocazione alla vita missionaria. Ordinato sacerdote il 12 ottobre 1924 l’anno successivo partì in nave da Genova con destinazione la Birmania, dove resterà per tutta la vita. Nella diocesi di Taungoo gli fu affidato Donoku, un villaggio sperduto tra i monti, da dove partiva per le sue spedizioni tra villaggi pagani e cattolici. «Vi dico il vero – scriveva – molte volte mi sono sorpreso a piangere come un bambino, al pensiero di tanto bene da fare e alla mia assoluta miseria, che mi immobilizza, e non una volta sola, schiacciato sotto il peso dello scoraggiamento, ho chiesto al Signore che era meglio mi facesse morire piuttosto che essere un operaio così forzatamente inattivo». Eppure, proprio nel suo rapporto d’intimità profonda con Dio, trovava la forza per andare avanti. Nel 1941, in piena Seconda guerra mondiale, gli inglesi internarono i missionari nei campi di concentramento in India, eccetto i sei «anziani» presenti da più di dieci anni. Tra questi c’era padre Cremonesi, che rimase tra la sua gente ancora più solo e privo di ogni cosa. Dopo l’8 settembre 1943 fu poi la volta delle violenze e delle umiliazioni da parte dei soldati giapponesi: «Fummo derubati di tutto – ricordava -. Non ci avanzò neppure una gallina». Per il resto del testo |
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Maggio 2023
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