Ciao a tutti.
Sono contento di condividere con voi la mia esperienza in Terra Santa. Nel nostro gruppo eravamo in 18. 11 persone di Milano (dove vado io ogni fine settimana per l’apostolato), 2 di Firenze, 3 di Ginevra, un prete dalla Costa D’avorio e io, Indiano. La nostra guida era rumena. Un gruppo multietnico direi. Il nostro pellegrinaggio è durato 10 giorni, compreso il viaggio. 4 giorni a Nazareth, 2 giorni a Betlemme e 3 giorni a Gerusalemme. Tutti i giorni abbiamo pregato, mangiato insieme, ci siamo divertiti ed abbiamo imparato tante cose nuove e belle, è stata un’esperienza molto positiva. I luoghi santi erano bellissimi e mi stupisco ancora di aver avuto questa occasione. Però più che i luoghi santi, in quei giorni mi ha accompagnato un pensiero; “ anch’io sono qua, dove Gesù ha vissuto”. Ogni momento, in quei giorni, questo pensiero mi tornava in mente e mi emozionavo. Come dicevo, ho avuto un’esperienza bella e nuova. Però l’esperienza più bella dove mi sono emozionato di più, l’ho avuta nell’orto degli olivi (Getsemani), dove iniziò la sofferenza di Dio. Per me è stato il momento più forte anche perché le parole che Gesù pronunciò proprio lì sono sempre vicine al mio cuore da quando sono entrato in seminario. “Andò un poco avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo «padre mio, se è possibile, passi via questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» Mt 26,39. Sento la gioia dentro il mio cuore, ogni volta che leggo e ascolto il vangelo. E poi in questi giorni sto leggendo e ascoltando il vangelo di Gesù con più attenzione, immaginando la sua vita ripensando ai posti in cui ha vissuto, quelli che ho potuto vedere anche io, con i miei occhi. Davvero sono molto felice e ringrazio ogni persona che mi ha aiutato a vivere un’esperienza così bella e profonda. So che non sono riuscito ad esprimere bene le mie emozioni, ma come potrei fare affidamento solo alle parole per descrivere ciò che il mio cuore ha provato? Vi chiedo di pregare per me e per noi tutti (seminaristi) perché il signore semini le sue parole nei nostri cuori. Amen.
Commenti
Sarebbe questa la domanda nascosta del convegno teologico del seminario del PIME di Monza, che aveva come tema “Rendere Ragione della speranza Cristiana” e si potrebbe aggiungere, all'ora della secolarizzazione. Un secolo che, più dei primi tempi della cristianità ha lasciato nel privato il mistero ed il culto cristiano, visti oggi come una cosa che annoia, imprigiona l’uomo senza lasciarlo andare verso i vasti prati proposti dalla modernità.
Rendere ragione della speranza è mostrarla a chi non ne ha idea; ma soprattutto, è dirla a chi non ne vede più l’utilità. Tanti cristiani hanno lasciato la fede nel privato del cuore come lo imponevano i modernisti e gli illuministi. Si accontentano di vivere nel segreto, dimenticando questa parte importante de la comunicazione. Perché una fede che non parla, che non dice se stesso o che non racconta il suo cammino, il suo oggetto, non esiste. La fede, l’esperienza della fede per sopravivere deve essenzialmente comunicarsi cioè dire se stessa, essere trasmessa al mondo. Se non si racconta più il fatto Gesù, se Gesù non dice più cos’è a questo tempo attraverso la voce dei credenti, come crederne ancora? Sarebbe una eredità del passato, mischiato tra le mille cose della vita. È ovvio che non si tratta di fare la pubblicità, o di organizzare delle serate di mossa al nome di Gesù, pero di dire la fede cristiana a un mondo che non se ne intende più. Verrebbe adesso la domanda se uno o una che vive in chiusura può comunicare la sua esperienza della fede? Credo di sì. Un monastero, una vita consacrata è come una luce che illumina un’aula; tutti entrano, vedono e si sentono al caldo. Il silenzio della consacrazione parla al mondo. La vita vissuta in un certo modo parla anche se il soggetto sta zito. La fede è comunicazione. Il suo perché non è dire un preteso o una convenienza; ma un chiarire di cos’è ci sostiene, ci trattiene e ci mantiene così attaccati dopo più di 2000 anni di storia. Addirittura salterebbe fuori questa domanda: come arrivare oggi ad un Gesù che non sia soltanto più un discorso o un’attrazione ma l’essenziale della vita prima di tutto per i cristiani? |
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Maggio 2023
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