![]() Mi sono spesso chiesto che senso abbia il Natale cristiano! Oggi Natale somiglia più a un business che a un evento di fede. Però da questo affare non tutti ne escono benificati. Chi affronta la crisi economica non ha la stessa percezione del Natale di chi incassa soldi mediante le sue aziende iperfornite in regali natalizi. So anche che in diverse parti del mondo molti bimbi non hanno mai ricevuto un regalo per Natale. Forse, per alcuni il Natale è una musica mai sentita mentre per altri è da sempre festeggiato! Lungo la storia la dimensione materiale e commerciale del Natale, vendere e dare regali, ha preso il posto di quella spirituale cioè la dimensione del dono e del Ricevere. Il riferimento religioso, essenziale è quasi scomparso. L’atteggiamento del dare ha reso l’uomo protagonista del Natale al posto di Dio. Il protagonismo dell’uomo esprime in fondo il suo desiderio di onnipotenza. Il ricevere esprime il dono ineffabile di Dio per la nostra umanità, la sua iniziativa di avere a che fare con la storia umana. Il segno di questo desiderio di comunione con l’uomo ha il nome di una persona, Gesù Cristo. È Gesù che viene regalato gratis all’umanità. All’uomo, di fronte a tale dono, non viene chiesto nient’altro se non di aprire il suo cuore per riceverLo, accoglierLo, o meglio ancora, ospitarLo. Il grande rischio che corriamo è quello di dare (che è cosa buona) i nostri beni alle persone senza però accoglierli. Natale ricordiamoci è sapienza nascosta nell’ospitalità! Credo dovremmo, con urgenza, tornare a riconquistare questo senso puro, originale, evangelico del Natale che si va perdendo. Ma in che cosa consiste l’ospitalità? L’ospitalità come ci ricorda Henri Nouwen è “una virtù che permette di superare la ristrettezza dei timori personali aprendo la casa agli estranei, con l’intuizione che la salvezza ci giunge sotto l’aspetto di un viandante stanco” (H. Nouwen, IL GUARITORE FERITO, Il ministero nella società contemporanea, Queriniana, Brescia 2007, p. 82)». Oggi ancora Dio continua a visitarci sotto le spoglie di un viandante estraneo e smarrito. Ma chi lo può riconoscere? Gesù è quell’ Ospite inatteso che da sempre attendiamo nella nostra storia e nei nostri cuori. La sua venuta ha addirittura determinato il riferimento temporale della storia (A.C e D.C) e trasforma la vita di chi in Lui pone la sua fiducia. Gesù però è anche l’Ospite-Bimbo che nasce nella povertà di una stalla! Il Dio che ospitiamo in occasione del Natale ha di certo il volto di un Bimbo, Gesù! Ma ha anche quello di qualsiasi uomo, soprattutto quello dell’uomo contemporaneo ferito dalle vari crisi: solitudine, malattie, esclusione, indifferenza... L’ospitalità ha la virtù di addestrare chi accoglie a dimenticarsi un attimo per prestare attenzione all’altro, a lasciare da parte le proprie preoccupazioni quotidiane: paure, stress di lavoro, tensioni familiari e comunitarie, noie, egoismo, aggressività...per guardare l’altro negli occhi. L’ospitalità in effetti, ci invita a dimenticare il nostro io per soddisfare le attese dello sconosciuto desideroso di affetti. L’incontro con l’altro innesta la possibilità di una vera conoscenza di sé. Dall’amicizia con lui veniamo a conoscenza delle nostre qualità che non sapevamo di possedere. L’altro ci rivela i nostri limiti che spesso si nascondono dietro le quinte della nostra carità programmata e stereotipata. L’ospitalità è in definitiva, dare spazio all’altro perché entri e trasformi la nostra vita e la nostra fede proprio come la presenza di un neonato cambia la vita dei genitori. In questo senso l’altro diventa componente essenziale “nella costruzione della propria felicità”. Raoul Follereau dice a questo proposito: “vergognati se sei felice da solo!”. Natale ci trasforma se accogliamo l’altro così com’è senza condizioni. Inoltre, ricevere l’altro significa lasciare che egli sia un protagonista della nostra vita come quando ci si apre alla fede in Gesù Cristo. Il protagonista della nostra vita diventa Lui e non noi. San Paolo lo dice chiaramente quando scrive: “Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me”(Gal 2,20). Questo, però ci richiede un esercizio non facile: morire quotidianamente a noi stessi come ci insegna il Vangelo. L’ultimo pensiero sul Natale riguarda la scelta di povertà voluta da Dio (Lc 2, 1-19). I vangeli ci raccontano che Gesù nasce mentre Maria e Giuseppe si trovano fuori dalla Galilea: a Betlemme. Gesù poi viene deposto in una mangiatoia degli animali. Betlemme come sappiamo non aveva per Israele l’importanza che ha ad esempio Hollywood o New York per gli Stati Uniti. Il colmo viene poi espresso nella notizia della sua nascita che viene per prima consegnata a dei pastori, uomini che nella società ebraica di allora rappresentavano la categoria socialmente più vicina agli animali. Questo dice quanto Natale è follia!! Dio si è annoverato tra i poveri e umili perché essi sanno contare su di Lui: l’unico loro baluardo e ricchezza. La semplicità di cuore nonché la povertà materiale aiutano ad avvicinarsi a Dio e a decidersi per lui. San Francesco l’ha testimoniato con la sua vita. Non si è abbandonato al dare per dare senza amore ma ha cominciato ad abbracciare e baciare il lebbroso che poi gli cambiò la vita. Questo è ospitalità! Alla follia di un amore così smisurato quale l’Amore di Dio per l’umanità deve corrispondere una risposta da parte dell’uomo, semplice e libera, capace di stupire e smorzare ogni egoismo. Siamo ancora capaci di riconoscere e rispondere fedelmente a quest’amore inesprimibile che Dio in Gesù ha riversato sull’umanità e nei nostri cuori? Sappiamo ancora aprirci ed accogliere questo Ospite interiore che a volte per mancanza d’amore, confessiamo di non attendere? Perché questo Natale abbia il sapore della vicinanza di Dio all’umanità, prepariamo nei nostri cuori la culla per una vera accoglienza dell’altro che si declina nel rispetto della sua dignità di uomo e donna amati da Dio, nel riconoscimento dei suoi diritti, valori e ricchezze culturali e interiori. Ogni volta che sarà pronta questa culla, sarà sempre Natale per noi! Buon Natale! Constant Kouadio
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Un messicano non può vivere il Natale senza Las Posadas.
Ciao sono Raymundo e vengo dal Messico. I miei compagni mi hanno invitato a condividere con voi una delle feste più importanti del Messico: Las Posadas. Le Posadas sono celebrazioni che sono state introdotte in Messico dai frati spagnoli e che si svolgono nella maggior parte del latinoamerica durante i nove giorni prima di Natale. Tutto comincia il 16 dicembre fino all'ultima posada del 24 dove si commemora la nascita di Gesù. Le posadas può essere celebrata in famiglia, nel gruppo dei giovani, tra amici o vicini di casa a secondo delle tradizioni del posto. In ogni caso, però, essa amplifica il ritrovo della comunità per festeggiare l'arrivo del Salvatore del mondo. Lo scopo principale della festa è accompagnare Maria e Giuseppe nel lungo viaggio da Nazareth a Betlemme per il censimento e nella ricerca di un alloggio per far nascere Gesù. Non trovandone, Maria ha poi dovuto partorire in una stalla. I 9 giorni simboleggiano i passi di questo viaggio (posadas in spagnolo significa pensione) ma anche i 9 mesi di gravidanza della Vergine Maria. La posadas è una processione guidata da due persone in costume che personificano Maria e Giuseppe e che con un asino e i pellegrini proseguono cantando con candele o lanterne accese fino alla porta della casa dove rimarrà la posada. Dopo aver cantato avanti alla porta della casa i padroni aprono e con grande gioia tutte le luci si accendono e partono fuochi artificiali. La festa finisce con la cena, balli e canti in un clima di armonia, colore, luce e gioia. tamales, cioccolatini, ciambelle e atole accompagnano la cena. Un piatto tipico delizioso per la festa è preparato bollendo in acqua per circa 45 minuti un buon pugno di uvette, prugne, frutta arancione, mele, guaiva, cannella, e zucchero. Una cosa che non può mancare è le piñata. La piñata è un'opera d'arte realizzata con argilla e carta. Essa è utilizzata il giorno di Natale. La piñata ha la forma di una stella a sette punte ed è ripiena di dolci e frutta. Essa viene appesa al soffitto e viene rotta con un bastone da un ragazzo bendato per fare uscire il contenuto. Ogni punta della stella simboleggia un peccato capitale che chi ha fede cieca in Dio (il ragazzo bendato) può vincere. I dolci e la frutta che cadono a terra sono il simbolo delle benedizioni di Dio per tutti i presenti. Lo stare insieme, l'amore, la dedizione, la devozione, l'arte, la fede, la storia, la religione e i sorrisi dei bambini del Messico rendono possibile un Natale perfetto. Buone Feste a tutti coloro che condividono questo sito, auguri di pace, amore, salute, lavoro e amicizia. Svegliarsi presto al mattino, proprio super presto per andare in chiesa a partecipare per la messa? Nelle Filippine si puo! Il Seminarista Ace Valdez, studente del 1o anno di teologia ci condivide come la gente vive la tradizione a natale dalle Filippine
Natale è la festa più attesa e celebrate nelle Filippine. Si dice che nelle Filippine il periodo di Natale si festeggia e dura di più che negli altri paesi del mondo. Dal 1° giorno di Settembre si sente già l’aria di festività, la gente comincia a decorare le case, le canzoni natalizie si sentono nei centri commerciali e così via. Vi sono anche molte tradizioni che rendono il Natale la festa più colorata e speciale. Ma ciò che indica ad ogni filippino che davvero Natale è iniziato è la tradizione della “Misa de Gallo” (La Messa del Gallo) o più conosciuto come “Simbang Gabi”. La “Misa de Gallo” è la novena di Natale che comincia il 16 di Dicembre e finisce il 24. La messa viene celebrata all’alba o, come dice il nome stesso, “prima che il gallo canti,” verso 4:00. Per 9 mattinate consecutive, al suono della campana, la gente comincia a venire in chiesa, un’ora in anticipo però, per prendere posto, sapendo che la chiesa sarà strapiena dei fedeli. “La pratica della novena natalizia è iniziata attorno al 1750. I frati spagnoli ragruppavano i contadini, prima dell’alba, per la raccolta del riso, incoraggiandoli a ringraziare Iddio per i frutti della terra promettendo loro che Dio li avrebbe benedetti e ricompensati anche per la stagione succesiva. Dopo pochi anni, la preghiera di supplica fu sostituita dalla celebrazione della messa.[1]” Finita la messa, a pocha distanza dalla chiesa, si vendono le tipiche delicacie come bibingka, puto bumbong, e salabat (tè) che si preparono soltanto durante questo periodo e che vengono portate a casa per colazione. Il Simbang Gabi è una pratica ancora molto in uso ed è espressione della religiosità del popolo filippino. Oggi, questa tradizione non è più vissuta solo come una supplica per chiedere a Dio un favore o per ringraziarlo per uno ricevuto ma diventa anche una espressione di una comunità di cristiani in cammino di fede, di attesa, di preparazione e di concreta vigilanza svegliandosi presto al mattino per 9 giorni. È questo un impegno a preparsi e anche un desiderio ad incontrare Dio che dovrà venire, perchè, come dice San Paolo nella sua lettera ai Romani: <<“È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora da quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.”>> Rm 13,11-12 "Maligayang Pasko sa lahat!" (Buon Natale a tutti!) Ace Valdez seminarista, 1o anno di teologia Filippine per vedere altri immagini a natale ed ascoltare canzoni natalizie dalle Filippine clicca qui [1] SENNO, T. Filippine: Valori tradizionali e fede Cristiana |
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Maggio 2023
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