Siamo sei seminaristi dell’anno della spiritualità (un settimo, studente del terzo anno di teologia si è aggregato a noi), che abbiamo deciso di recarci a Roma per partecipare alla cerimonia di apertura del Giubileo straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco. Come aspiranti missionari, e come seminaristi che durante quest’anno della “spiritualità” cercano di discernere in profondità le motivazioni di una chiamata alla vita consacrata, abbiamo creduto fosse bello recarci a Roma per l’apertura della Porta Santa, una porta che oltre a permetterci di essere “Chiesa in uscita”, «è una porta che permette al Signore di entrare, portando la sua benedizione e la sua amicizia» (Papa Francesco). Abbiamo vissuto questo pellegrinaggio come un invito del Papa a prestare attenzione a chi bussa, sapendo che il Signore non forza mai la porta: anche Lui chiede il permesso prima di entrare, come ci ricorda il libro dell’Apocalisse : «Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20). Così il nostro pensiero in questi giorni è andato alle persone che abitano i luoghi dove facciamo apostolato nei fine settimana, carcerati, ammalati, disabili, persone anziane e sole, perché questo Giubileo della Misericordia possa essere per loro di aiuto a vivere la malattia e la sofferenza come esperienza di vicinanza al Signore che nel mistero della sua passione, morte e risurrezione indica la via maestra per dare senso al dolore e alla solitudine. Attraversare la Porta Santa implica anzitutto un impegno, quello di essere noi più misericordiosi, ma a Roma, nel momento dell’apertura della porta e, prima ancora, nell’abbraccio di Papa Francesco con Papa Benedetto XVI, abbiamo piuttosto percepito, colto, vissuto in questi gesti, la più grande misericordia del Padre nei nostri confronti: «di un Padre che vuole stare vicino a chi ha più bisogno del suo perdono» (Papa Francesco). Il nostro atteggiamento conseguente, in forza di questi gesti, è stato, ed è, il tentativo di uscire da una mentalità, la nostra, per entrare in una mentalità diversa, quella dell’altro, più o meno prossimo e soprattutto quella dell’Altro, del Padre misericordioso; perché alla fine, il vero miracolo, non è forse quello di uscire da noi stessi e lasciare entrare l’altro, per imparare a vedere il mondo anche con gli occhi dell’altro?
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Maggio 2023
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