![]() Non è semplicemente un dovere per me parlare di missione nel cammino della mia vocazione ma più di un dovere, è la riconoscenza di un’esperienza della gratuità dell’amore di Dio nella mia vita. All’origine della missione e della vocazione c’è la gratuità di Dio che ci concede dei genitori, un ambiente ed una cultura, che fanno parte di un programma misterioso della pedagogia di Dio che ci educa a guardare in alto e a prendere Dio sul serio nell’attimo presente di ogni vita. Tutti noi vogliamo vivere felici, ma abbiamo gli occhi confusi quando dobbiamo discernere ciò che rende veramente felice una vita, per questo, abbiamo bisogno di un catalizzatore che ci aiuti a rendere evidenti gli elementi determinanti per questa nostra felicità. Io ho scelto, con la grazia di Dio, una delle tante modalità: quella missionaria, per evidenziare mio “si” alla realizzazione della sua volontà, vero nome della mia felicità. Il missionario non è soltanto un educatore e un chiarificatore delle coscienze ma è anche chi toglie la fatale confusione della vita che non ha Dio come fondamento. Ha scommesso la propria vita perché gli altri possano, grazie alla sua testimonianza e alla fede in Gesù, discernere ciò che rende veramente felici gli uomini. Dopo aver fatto un’esperienza di Dio che ci vuole bene da sempre in modo gratuito, non può più tacere rimanendo a casa propria. Spinto nello spirito ad andare incontro all’Alterità, ovunque essa sia, per portare la felicità vera che non è un’idea, né un mito ma una persona in carne ed ossa: Gesù il Nazareno . Nella mia piccola esperienza mi sono accorto che se nella vita siamo felici finché non perdiamo la speranza di essere felici in futuro, è anche vero che svaniscono le speranze che non sono poggiate, agganciate o meglio innestate ad un tronco forte. Riguardo al missionario, il tronco forte e sicuro è Gesù. Il missionario ha il compito di mantenere non solo la fede ma anche la speranza. Spesso mi chiedo dopo profonda meditazione, come trattenere la speranza oggi nella nostra società, meglio come il missionario può proporre a questa mia generazione la vera felicità che inconsapevolmente ricerca, cioè Gesù. Mi chiedo come un giovane oggi possa cogliere la propria vocazione con le mille proposte che la società consumistica offre. Vanno colte non solo le tracce di Dio ma la sua prossimità, la sua vicinanza. Pensiamo serva un’esperienza forte dell’amore profondo di Dio per svegliarci dal sonno dell’indifferenza. L’indifferenza è micidiale. Occorrono coraggio e umiltà per potersi soffermare sulla propria storia per accorgersi della presenza operante di Dio. Sono convinto che solo la presenza di Dio conceda ad ogni vita i propri orizzonti di senso. La presenza magnanima di Dio non ci salva fuori della nostra storia. La fede cristiana non è solo dono e grazia ma anche figlia della comunità cristiana, è in essa che si svela nell’esperienza quotidiana, il gusto del credere e la sua bellezza. Se l’ambiente è anche determinate nella nascita della fede allora si capisce a volte perché comunicare la fede sia faticoso in un mondo globalizzato laddove dominano svago,superficialità, individualismo e ricerca sfrenata del guadagno a tutti i costi. Cosa vi posso raccontare della mia vita? Io sono il settimo di dieci figli di Sodea Daniel e Didi Marthe, una grande famiglia nella quale coabitano pacificamente musulmani, protestanti, cattolici e animisti. Col passare degli anni mi sono convinto che, se lo Spirito Santo è il protagonista centrale della evangelizzazione, è anche vero che la fede cristiana scaturisce dall’incontro con un testimone. La mia vocazione inizia con il marito di mia zia, Charles Borromee che non aveva avuto figli, mi viene a prendere per che potessi restare con lui. Persona per bene di grande fede cristiana, mi insegna le mie prime preghiere e mi fa fare la catechesi in vista dei sacramenti. Ma ancor più determinanti sono gli incontri con i padri missionari Oblati di Maria Immacolata di Francia, con cui ho pian piano imparato nella preghiera a discernere ciò che voleva per me il Signore. Prima avevo pensato di fare il prete diocesano, cosi sono andato in seminario. Poi ho fatto una sosta per gli studi filosofici all’università, laureandomi in filosofia con indirizzo educazione. Dopo la mia Laurea, sentendo sempre più forte questo mio desiderio di offrire la mia vita a Dio mediante il sacerdozio, ho deciso con l’aiuto del mio padre spirituale di fare la scelta di ritornare, ma questa volta la scelta era di impegnarmi per la missione come quei bravi Padri missionari che hanno troncato la loro vita e la speranza della loro famiglia per portarmi la Buona Novella nella mia foresta e savana africana. Sento la mia vocazione, per dirla in breve, come risposta di riconoscenza verso i sacrifici dei padri missionari che generosamente hanno dato tutto perché potessimo diventare più umani meglio figli di Dio mediante l’acquisizione graduale ma radicale della mentalità di Gesù il CRISTO. Oggi, scrivendo questa sintesi della mia storia, vedo tanti volti che mi hanno accompagnato e continuano ancora anche morti a sostenermi penso a Monseigneur Yves Plumey, Pere Daniele Awa, Pere Jean Lamy, Pere Carlos, Seminarista Amadou Cosmas, Padre Mario Bortoletto.
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Novembre 2022
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