Cari amici, all’inizio del mesi di Ottobre, MESE MISSIONARIO, avevo pensato di convidere con voi il mio cammino vocazionale missionario, tramite un racconto, lo faccio nella settimana che prepara la Veglia Missionaria di Consegna del Crocifisso ai Missionari Partente il prossimo sabato in Duomo di Milano. Sono tra voi con il cuore pieno di gioia, perché ho sempre apprezzato le varie testimonianze riportate in nel nostro sito, perché mi servono come oggetto della mia formazione permanente. É con questo spirito che condivido con voi un tratto della mia vita sacerdotale missionaria.
Mentre pensavo da dove partire, sono spuntati nel cuore e nella mente tanti ricordi di avvenimenti, luoghi e persone che hanno segnato il dono della mia vita e mi danno la consapevolezza che la Chiamata, la Missione, sono UN INCONTRO CHE NON HA CONFINI.
Sullo sfondo degli avvenimenti, delle persone e dei luoghi vedo presente la scena raccontata dall’evangelista Giovanni: “...Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio” (Gv 1, 35- 39). Gli incontri e le testimonianze continuano fino al versetto 50, dove troviamo i discepoli che dopo aver incontrato il Signore, portano altri da Lui. Da loro impariamo due cose fondamentali anche per ogni credente del nostro tempo: che non possiamo tenere per noi l’esperienza con Gesù, e che vale la pena lasciare tutto e seguirlo ed esprimere agli altri, con la propria vita, l’importanza dell’incontro che ha dato senso alla nostra vita.
Leggendo questa pagina mi sono ricordato di tanti “Giovanni Battista” che hanno segnato il dono della mia vita. Mi riferisco in modo particolare ai miei genitori, alla mia famiglia, ai missionari italiani del PIME, e alle Missionarie della Immacolata, la mia communità di origine.
Primo: la vita con i miei genitori, con la mia famiglia: dove ho ricevuto il DONO della Vita. Genitori: Raimundo e Raimunda, che con l’educazione e la formazione che ho ricevuto da loro mi hanno aiutato a capire la preziosità della vita vissuta con creatività e con responsabilità. Con creatività, perché hanno messo al mondo 14 figli (8 maschi e 6 femmine) e a tutti hanno messo nomi con la stessa iniziale, la “J”. I maschi: Jairo, Jackson, José, Jaciomar, Jacivaldo, Jaime, Janderson, Jenivaldo; Le femmine: Janete, Jane, Jandira, Jacilene, Jacinilda, Jenice. Un giorno chiesi loro il perché dell’iniziale “J”. Mi risposero: “Perché è l’iniziale di JESUS e vogliamo affidarvi a lui.” Con responsabilità, perché con otto anni di età ognuno di noi, oltre a impegnarsi nei propri studi, cominciava ad aiutare nel mantenimento della grande famiglia, svolgendo piccoli lavori come vendere pane, ghiaccioli, fare i garzoni di muratori, ecc. L’amore responsabile dei miei genitori nei confronti dei 14 figli si è reso visibile quando decisero lasciare il villaggio all’interno della mia città di Maués - Amazonas e andare in città per farci studiare. Nella loro semplicità e esperienza della vita ci dicevano: “Vi facciamo studiare perché vogliamo regalarvi un’eredità che quando moriremo non vi fará litigare. Quest’eredità si chiama “EDUCAZIONE”: essa rimane con voi, nel vostro cuore e nella vostra mente, nessuno ve la toglierà. Queste parole mi sono rimaste stampate nel cuore e nella mente: mi accompagnano ovunque.
Secondo: l’incontro con la mia comunità parrocchiale di “Nossa Senhora da Conceição”, nella città di Maués: una delle otto parrocchie della Diocesi di Parintins; con i missionari e le missionarie del PIME in Amazzonia; con i catechisti. Avevo l’età di 15 anni, e mi preparavo per ricevere il sacramento della Cresima, quando una suora missionaria dell’Immacolata, passando nelle aule, invitò alcuni di noi, alunni del catechismo, a diventare catechisti ausiliari. Le ho chiesto un tempo per pensare e, dopo due settimana, le ho riposto di sì. Poi l’incontro con i ragazzi del catechismo, con i loro genitori, con i missionari, con la mia comunità, mi hanno fatto capire davvero il senso del dono della fede che avevo ricevuto nel giorno del mio Battesimo. Davvero “la fede si rafforza donandola”! Cosi è avvenuto per me. Lo scambio del dono della fede mi ha fatto crescere e mi ha arricchito nella sequela di Gesù.
Quindi posso subito dirvi che la mia vocazione è stata frutto di un incrocio di sguardi: del mio con quello di Dio e quello di persone giuste che Dio mi ha fatto incontrare nel momento giusto.
Terzo: sono state queste persone che mi hanno fatto vivere un terzo incontro che ha cambiato la mia vita: mi hanno fatto incontrare Colui che ha dato senso alla mia vita. Da loro e con loro ho scoperto che Dio mi voleva regalare il DONO della VOCAZIONE SACERDOTALE. Avevo 17 anni: a quell’ età lavoravo tutta la giornata, studiavo alla sera, sabato e domenica mi dedicavo alla mia comunità come catechista e membro del gruppo liturgico. Allora mi è venuta incontro una ragazza con cui ho iniziato un innamoramento. Condividevo tutta questa esperienza con il padre missionario del PIME, P. Armando Rizza che avevo scelto come direttore spirituale: la sua dedizione e l’amore che dimostrava per la nostra gente mi hanno sempre impressionato, al punto da desiderare di diventare suo compagno di missione.
Come ho fatto a capire i segni che il Signore mi aveva dato per scoprire che lui mi chiamava al sacerdozio missionario? L’incontro con la mia ragazza dentro la norma cristiana, l’incontro con la mia comunità, il servizio che facevo, sono stati segni tangibile che il Signore voleva affidarmi un dono più grande.
Nel 1991, all’età di diciotto anni, sono entrato in seminario dove ho fatto per 9 anni il discernimento vocazionale: i primi tre anni nel Seminario Teologico Interdiocesano São José nella Arcidiocesi di Manaus, dove avevo come rettore Padre Massimo Cenci, e come direttore spirituale padre Giuliano Frigeni, oggi vescovo di Parintins. Dopo la filosofia tra i diocesani, come seminarista del PIME ho avuto l’opportunità di discernere tra la vocazione diocesana e vocazione missionaria e sono andato al nostro seminario di Brusque, per l’Anno di Spiritualità. Nell’anno 1995 sono arrivato a Monza per l’ultima tappa del cammino formativo. Le varie tappa e i vari luoghi mi hanno aiutato a comprendere in maniera paziente e serena la vocazione che il Signore mi stava preparando.
Ho sempre custodito queste esperienze, sopratutto da quando, nel settembre 1999, sono diventato sacerdote e ho assunto il ruolo di Giovanni Battista che continua a dire: “Ecco l’Agnello di Dio!”, che mi invita a presentare Cristo alle persone.
Durante i primi sei anni di sacerdozio, come animatore vocazionale in Brasile, per mezzo di un lavoro fatto insieme con Dio, nella preghiera, con i confratelli missionari del PIME, le suore, le famiglie, abbiamo aiutato tanti adolescenti e giovani, ragazzi e ragazze, a incontrarsi con Colui che continua a invitarci: “Venite e vedrete”. Da questi incontri pieni di amore e di attenzione per la situazione di ciascuno di loro sono nate famiglie cristiane e alcuni si sono consacrati a Dio: tra loro sei giovani sacerdoti missionari del PIME, miei confratelli, ordinati in questi ultimi anni.
Gli anni vissuti in Brasile, nell’animazione, mi hanno aiutato ad acquisire una conoscenza della mia Chiesa d’origine, e mi hanno aiutato a mettere le fondamenta solide per un vita sacerdotale missionaria: mi hanno preparato per la vita in missione. Posso dirvi questo prendendo in considerazione l’esperienza dei primi anni in Guinea Bissau, sia nel rapporto con i confratelli che con le sfide missionarie.
Inoltre mi hanno fatto entrare in contatto con alcune diocesi, nei loro vari incontri di formazione missionaria, nei quali ho cercato di aiutare a prestare attenzione alla dimensione missionaria “ad gentes”. Da questi incontri, nel 2000, nella nostra parrocchia di Ibiporã, é nata una Giornata Missionaria annuale, simile al Congressino Missionario di Milano. Attualmente essa raduna circa 2.500 persona che là sentono parlare di missione “ad gentes”.
Sono convinto che nell’attuale congiuntura della Chiesa in America Latina, dopo i vari congressi missionari svolti in questi ultimi anni, la nostra presenza come Istituto Missionario in Brasile, deve rispondere all’appello dei vescovi: aiutare la Chiesa in America Latina ad essere missionaria, ad aprirsi alla missione intercontinentale. Nel capitolo sulla priorità dell’animazione missionaria nell’America Latina, nell’ultimo documento del CELAM essa dice: “Si impegni nell’animazione missionaria nell’America Latina, il continente della speranza, anche alla luce della V Conferenza episcopale (CELAM) che ha come tema: “Discepoli e missionari di Cristo perché in essi tutti i popoli abbiano vita”, in collaborazione con i sacerdoti diocesani colombiani, già associati al PIME, affinché l’America Latina si apra sempre più alla missione “ad gentes” in Asia”.
Nel contesto attuale del Brasile, sopratutto nel sud e sudest, la presenza degli animatori brasiliani del PIME andrebbe incontro alle varie sfide uscite della V Conferenza Episcopale (CELAM), e vedrei questa presenza non chiusa in un Centro Missionario del PIME, ma in una delle nostre parrocchie o anche nelle varie commissione missionarie a livello di Diocesi.
Dopo sei anni in Brasile, sono stato destinato in Guinea-Bissau, precisamente a Bubaque. Ho ricevuto il DONO che mi ha reso felice e realizzato come persona: LA MISSIONE. Ho portato con me queste esperienze che mi hanno aiutato molto nella preziosa, amata, indimenticabile, difficile missione tra la gente delle Isole Bijagós.
Ricordo, con il cuore pieno di nostalgia, i vari incontri vissuti all’interno della regione PIME, in Guinea-Bissau, con la Diocesi di Bissau, concretizzati nelle riunioni del personale missionario, nei colloqui con il vescovo, e nella Parrocchia “Imaculada dos Bijagós”, a Bubaque, con i confratelli: P. Guerino Vitali, P. Luigi Scatamburlo, P. Antonio Figueredo, P. Maurílio Vaz, P. Davide Simionato, P. Roberto Donghi e le Suore Missionarie della Consolata. Tutti insieme abbiamo condiviso i piani, i progetti, le idee riguardanti la missione che il Signore ci aveva affidato. E poi l’incontro con la gente. Ricordo un incontro avuto con un uomo in carrozzella, venuto in missione per parlare con me. Gli ho dedicato più di due ore e alla fine lui mi ha detto: “Padre sono venuto per chiedere qualcosa, invece lei mi dato la sua attenzione: mi ha ricevuto e mi ha parlato di Qualcuno che mi ama”. Alla fine gli ho dato anche quello che lui desiderava, ma è uscito della missione convinto che era capace di fare qualcosa per cambiare la situazione in cui si trovava. L’incontro con questa persona mi ha dato gli strumenti, gli spunti, per vari incontri che ho vissuto a Bubaque.
È con questo spirito che ho cercato di vivere il mio rapporto anche con i sacerdoti, le suore, i catechisti, il consiglio parrocchiale, i vari gruppi della parrocchia “Madre della Chiesa” di Buccinasco (Milano) che ha un gemellaggio con la parrocchia di Bubaque. Con la loro generosità operosa ci hanno aiutato a rendere durevole questo incontro che ha dato senso e ha dinamizzato la vita di due comunità parrocchiali, che mi hanno aiutato a capire la ricchezza dell’interscambio di due comunità; una, quella di Buccinasco, cristiana da tanti anni e l’altra, quella di Bubaque, cristiana da poco meno di 100 anni. Il frutto di questa esperienza é l’arricchimento reciproco e la continuità nell’aiuto, aiuto che non è legato ad un missionario, ma a due comunità. Questa esperienza mi ha fatto rivivere la solidarietà della comunità credente di Macedonia nei confronti dei credenti bisognosi di Gerusalemme.
Tutto questo ci fa capire che la missione, é “incontro” che non si esaurisce nei confini delle nostre parrocchie, con le sue varie sfide e difficoltà, ma ci spinge ad andare oltre, ad accogliere l’altro non come un poveretto da aiutare, ma come un fratello, una sorella con le sue virtù e i suoi limiti, come un DONO che riceviamo. Per esperienza posso dirvi che se facciamo questi passi, anzitutto rinnoviamo la nostra vita, la vita della nostra parrocchia e inoltre evitiamo di cadere in depressione e atrofizzare la nostra vita.
Da giugno di 2011, mi è stata affidata un’altra missione, quella di vice-rettore del Seminario Internazionale del PIME, a Monza: una comunità costituita da 45 giovani provenienti di 13 nazioni. Nei vari momenti comunitari del seminario (scuola, preghiera, pasti, giochi) tocco con mano la ricchezza interculturale, interecclesiale, la cattolicità della nostra Chiesa. Sto vivendo l’esperienza di una nuova Pentecoste “l’unità nella diversità”. Nel contesto che sto vivendo, mi rendo conto che missione è incontro di razze, colori, etnie con Colui che dona senso alla vita.
Dall’esperienza vissuta fino adesso sono conscio che la missione è un dinamismo che porta dall’incontro alla testimonianza vissuta in comunione con Dio e con coloro che Lui ci mette a fianco. In questo incontro siamo rigenerati dal Dono ricevuto e donato.
A me, a coloro che frequetano il nostro sito ,suggerirei di formarsi alla Scuola della Parola e dell`Eucaristia, lasciandosi formare della Presenza di Dio che parla tramite i segni dei tempi, per essere Pane Spezzato, uomini di comunione, e che allo stesso tempo sappiano stare in piedi “da soli”. Che nella missione dove svolgeremo il nostro ministero sappiamo camminare assieme alla chiesa locale.
Finisco questa condivisione augurando a ciascuno di noi di lasciarsi abbracciare dall’Incontro con il Dio della vita, affinché diventiamo suoi testimoni in mezzo alle gente del nostro tempo.
p. Jaime Coimbra do Nascimento
Mentre pensavo da dove partire, sono spuntati nel cuore e nella mente tanti ricordi di avvenimenti, luoghi e persone che hanno segnato il dono della mia vita e mi danno la consapevolezza che la Chiamata, la Missione, sono UN INCONTRO CHE NON HA CONFINI.
Sullo sfondo degli avvenimenti, delle persone e dei luoghi vedo presente la scena raccontata dall’evangelista Giovanni: “...Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio” (Gv 1, 35- 39). Gli incontri e le testimonianze continuano fino al versetto 50, dove troviamo i discepoli che dopo aver incontrato il Signore, portano altri da Lui. Da loro impariamo due cose fondamentali anche per ogni credente del nostro tempo: che non possiamo tenere per noi l’esperienza con Gesù, e che vale la pena lasciare tutto e seguirlo ed esprimere agli altri, con la propria vita, l’importanza dell’incontro che ha dato senso alla nostra vita.
Leggendo questa pagina mi sono ricordato di tanti “Giovanni Battista” che hanno segnato il dono della mia vita. Mi riferisco in modo particolare ai miei genitori, alla mia famiglia, ai missionari italiani del PIME, e alle Missionarie della Immacolata, la mia communità di origine.
Primo: la vita con i miei genitori, con la mia famiglia: dove ho ricevuto il DONO della Vita. Genitori: Raimundo e Raimunda, che con l’educazione e la formazione che ho ricevuto da loro mi hanno aiutato a capire la preziosità della vita vissuta con creatività e con responsabilità. Con creatività, perché hanno messo al mondo 14 figli (8 maschi e 6 femmine) e a tutti hanno messo nomi con la stessa iniziale, la “J”. I maschi: Jairo, Jackson, José, Jaciomar, Jacivaldo, Jaime, Janderson, Jenivaldo; Le femmine: Janete, Jane, Jandira, Jacilene, Jacinilda, Jenice. Un giorno chiesi loro il perché dell’iniziale “J”. Mi risposero: “Perché è l’iniziale di JESUS e vogliamo affidarvi a lui.” Con responsabilità, perché con otto anni di età ognuno di noi, oltre a impegnarsi nei propri studi, cominciava ad aiutare nel mantenimento della grande famiglia, svolgendo piccoli lavori come vendere pane, ghiaccioli, fare i garzoni di muratori, ecc. L’amore responsabile dei miei genitori nei confronti dei 14 figli si è reso visibile quando decisero lasciare il villaggio all’interno della mia città di Maués - Amazonas e andare in città per farci studiare. Nella loro semplicità e esperienza della vita ci dicevano: “Vi facciamo studiare perché vogliamo regalarvi un’eredità che quando moriremo non vi fará litigare. Quest’eredità si chiama “EDUCAZIONE”: essa rimane con voi, nel vostro cuore e nella vostra mente, nessuno ve la toglierà. Queste parole mi sono rimaste stampate nel cuore e nella mente: mi accompagnano ovunque.
Secondo: l’incontro con la mia comunità parrocchiale di “Nossa Senhora da Conceição”, nella città di Maués: una delle otto parrocchie della Diocesi di Parintins; con i missionari e le missionarie del PIME in Amazzonia; con i catechisti. Avevo l’età di 15 anni, e mi preparavo per ricevere il sacramento della Cresima, quando una suora missionaria dell’Immacolata, passando nelle aule, invitò alcuni di noi, alunni del catechismo, a diventare catechisti ausiliari. Le ho chiesto un tempo per pensare e, dopo due settimana, le ho riposto di sì. Poi l’incontro con i ragazzi del catechismo, con i loro genitori, con i missionari, con la mia comunità, mi hanno fatto capire davvero il senso del dono della fede che avevo ricevuto nel giorno del mio Battesimo. Davvero “la fede si rafforza donandola”! Cosi è avvenuto per me. Lo scambio del dono della fede mi ha fatto crescere e mi ha arricchito nella sequela di Gesù.
Quindi posso subito dirvi che la mia vocazione è stata frutto di un incrocio di sguardi: del mio con quello di Dio e quello di persone giuste che Dio mi ha fatto incontrare nel momento giusto.
Terzo: sono state queste persone che mi hanno fatto vivere un terzo incontro che ha cambiato la mia vita: mi hanno fatto incontrare Colui che ha dato senso alla mia vita. Da loro e con loro ho scoperto che Dio mi voleva regalare il DONO della VOCAZIONE SACERDOTALE. Avevo 17 anni: a quell’ età lavoravo tutta la giornata, studiavo alla sera, sabato e domenica mi dedicavo alla mia comunità come catechista e membro del gruppo liturgico. Allora mi è venuta incontro una ragazza con cui ho iniziato un innamoramento. Condividevo tutta questa esperienza con il padre missionario del PIME, P. Armando Rizza che avevo scelto come direttore spirituale: la sua dedizione e l’amore che dimostrava per la nostra gente mi hanno sempre impressionato, al punto da desiderare di diventare suo compagno di missione.
Come ho fatto a capire i segni che il Signore mi aveva dato per scoprire che lui mi chiamava al sacerdozio missionario? L’incontro con la mia ragazza dentro la norma cristiana, l’incontro con la mia comunità, il servizio che facevo, sono stati segni tangibile che il Signore voleva affidarmi un dono più grande.
Nel 1991, all’età di diciotto anni, sono entrato in seminario dove ho fatto per 9 anni il discernimento vocazionale: i primi tre anni nel Seminario Teologico Interdiocesano São José nella Arcidiocesi di Manaus, dove avevo come rettore Padre Massimo Cenci, e come direttore spirituale padre Giuliano Frigeni, oggi vescovo di Parintins. Dopo la filosofia tra i diocesani, come seminarista del PIME ho avuto l’opportunità di discernere tra la vocazione diocesana e vocazione missionaria e sono andato al nostro seminario di Brusque, per l’Anno di Spiritualità. Nell’anno 1995 sono arrivato a Monza per l’ultima tappa del cammino formativo. Le varie tappa e i vari luoghi mi hanno aiutato a comprendere in maniera paziente e serena la vocazione che il Signore mi stava preparando.
Ho sempre custodito queste esperienze, sopratutto da quando, nel settembre 1999, sono diventato sacerdote e ho assunto il ruolo di Giovanni Battista che continua a dire: “Ecco l’Agnello di Dio!”, che mi invita a presentare Cristo alle persone.
Durante i primi sei anni di sacerdozio, come animatore vocazionale in Brasile, per mezzo di un lavoro fatto insieme con Dio, nella preghiera, con i confratelli missionari del PIME, le suore, le famiglie, abbiamo aiutato tanti adolescenti e giovani, ragazzi e ragazze, a incontrarsi con Colui che continua a invitarci: “Venite e vedrete”. Da questi incontri pieni di amore e di attenzione per la situazione di ciascuno di loro sono nate famiglie cristiane e alcuni si sono consacrati a Dio: tra loro sei giovani sacerdoti missionari del PIME, miei confratelli, ordinati in questi ultimi anni.
Gli anni vissuti in Brasile, nell’animazione, mi hanno aiutato ad acquisire una conoscenza della mia Chiesa d’origine, e mi hanno aiutato a mettere le fondamenta solide per un vita sacerdotale missionaria: mi hanno preparato per la vita in missione. Posso dirvi questo prendendo in considerazione l’esperienza dei primi anni in Guinea Bissau, sia nel rapporto con i confratelli che con le sfide missionarie.
Inoltre mi hanno fatto entrare in contatto con alcune diocesi, nei loro vari incontri di formazione missionaria, nei quali ho cercato di aiutare a prestare attenzione alla dimensione missionaria “ad gentes”. Da questi incontri, nel 2000, nella nostra parrocchia di Ibiporã, é nata una Giornata Missionaria annuale, simile al Congressino Missionario di Milano. Attualmente essa raduna circa 2.500 persona che là sentono parlare di missione “ad gentes”.
Sono convinto che nell’attuale congiuntura della Chiesa in America Latina, dopo i vari congressi missionari svolti in questi ultimi anni, la nostra presenza come Istituto Missionario in Brasile, deve rispondere all’appello dei vescovi: aiutare la Chiesa in America Latina ad essere missionaria, ad aprirsi alla missione intercontinentale. Nel capitolo sulla priorità dell’animazione missionaria nell’America Latina, nell’ultimo documento del CELAM essa dice: “Si impegni nell’animazione missionaria nell’America Latina, il continente della speranza, anche alla luce della V Conferenza episcopale (CELAM) che ha come tema: “Discepoli e missionari di Cristo perché in essi tutti i popoli abbiano vita”, in collaborazione con i sacerdoti diocesani colombiani, già associati al PIME, affinché l’America Latina si apra sempre più alla missione “ad gentes” in Asia”.
Nel contesto attuale del Brasile, sopratutto nel sud e sudest, la presenza degli animatori brasiliani del PIME andrebbe incontro alle varie sfide uscite della V Conferenza Episcopale (CELAM), e vedrei questa presenza non chiusa in un Centro Missionario del PIME, ma in una delle nostre parrocchie o anche nelle varie commissione missionarie a livello di Diocesi.
Dopo sei anni in Brasile, sono stato destinato in Guinea-Bissau, precisamente a Bubaque. Ho ricevuto il DONO che mi ha reso felice e realizzato come persona: LA MISSIONE. Ho portato con me queste esperienze che mi hanno aiutato molto nella preziosa, amata, indimenticabile, difficile missione tra la gente delle Isole Bijagós.
Ricordo, con il cuore pieno di nostalgia, i vari incontri vissuti all’interno della regione PIME, in Guinea-Bissau, con la Diocesi di Bissau, concretizzati nelle riunioni del personale missionario, nei colloqui con il vescovo, e nella Parrocchia “Imaculada dos Bijagós”, a Bubaque, con i confratelli: P. Guerino Vitali, P. Luigi Scatamburlo, P. Antonio Figueredo, P. Maurílio Vaz, P. Davide Simionato, P. Roberto Donghi e le Suore Missionarie della Consolata. Tutti insieme abbiamo condiviso i piani, i progetti, le idee riguardanti la missione che il Signore ci aveva affidato. E poi l’incontro con la gente. Ricordo un incontro avuto con un uomo in carrozzella, venuto in missione per parlare con me. Gli ho dedicato più di due ore e alla fine lui mi ha detto: “Padre sono venuto per chiedere qualcosa, invece lei mi dato la sua attenzione: mi ha ricevuto e mi ha parlato di Qualcuno che mi ama”. Alla fine gli ho dato anche quello che lui desiderava, ma è uscito della missione convinto che era capace di fare qualcosa per cambiare la situazione in cui si trovava. L’incontro con questa persona mi ha dato gli strumenti, gli spunti, per vari incontri che ho vissuto a Bubaque.
È con questo spirito che ho cercato di vivere il mio rapporto anche con i sacerdoti, le suore, i catechisti, il consiglio parrocchiale, i vari gruppi della parrocchia “Madre della Chiesa” di Buccinasco (Milano) che ha un gemellaggio con la parrocchia di Bubaque. Con la loro generosità operosa ci hanno aiutato a rendere durevole questo incontro che ha dato senso e ha dinamizzato la vita di due comunità parrocchiali, che mi hanno aiutato a capire la ricchezza dell’interscambio di due comunità; una, quella di Buccinasco, cristiana da tanti anni e l’altra, quella di Bubaque, cristiana da poco meno di 100 anni. Il frutto di questa esperienza é l’arricchimento reciproco e la continuità nell’aiuto, aiuto che non è legato ad un missionario, ma a due comunità. Questa esperienza mi ha fatto rivivere la solidarietà della comunità credente di Macedonia nei confronti dei credenti bisognosi di Gerusalemme.
Tutto questo ci fa capire che la missione, é “incontro” che non si esaurisce nei confini delle nostre parrocchie, con le sue varie sfide e difficoltà, ma ci spinge ad andare oltre, ad accogliere l’altro non come un poveretto da aiutare, ma come un fratello, una sorella con le sue virtù e i suoi limiti, come un DONO che riceviamo. Per esperienza posso dirvi che se facciamo questi passi, anzitutto rinnoviamo la nostra vita, la vita della nostra parrocchia e inoltre evitiamo di cadere in depressione e atrofizzare la nostra vita.
Da giugno di 2011, mi è stata affidata un’altra missione, quella di vice-rettore del Seminario Internazionale del PIME, a Monza: una comunità costituita da 45 giovani provenienti di 13 nazioni. Nei vari momenti comunitari del seminario (scuola, preghiera, pasti, giochi) tocco con mano la ricchezza interculturale, interecclesiale, la cattolicità della nostra Chiesa. Sto vivendo l’esperienza di una nuova Pentecoste “l’unità nella diversità”. Nel contesto che sto vivendo, mi rendo conto che missione è incontro di razze, colori, etnie con Colui che dona senso alla vita.
Dall’esperienza vissuta fino adesso sono conscio che la missione è un dinamismo che porta dall’incontro alla testimonianza vissuta in comunione con Dio e con coloro che Lui ci mette a fianco. In questo incontro siamo rigenerati dal Dono ricevuto e donato.
A me, a coloro che frequetano il nostro sito ,suggerirei di formarsi alla Scuola della Parola e dell`Eucaristia, lasciandosi formare della Presenza di Dio che parla tramite i segni dei tempi, per essere Pane Spezzato, uomini di comunione, e che allo stesso tempo sappiano stare in piedi “da soli”. Che nella missione dove svolgeremo il nostro ministero sappiamo camminare assieme alla chiesa locale.
Finisco questa condivisione augurando a ciascuno di noi di lasciarsi abbracciare dall’Incontro con il Dio della vita, affinché diventiamo suoi testimoni in mezzo alle gente del nostro tempo.
p. Jaime Coimbra do Nascimento