La nostra vita è come un libro, nel quale, ogni giorno, scriviamo delle pagine che ci aiutano a ricordare il passato, a vivere meglio il presente e a sognare il futuro.
In questa prospettiva vorrei condividere, attraverso questo racconto, alcune pagine della mia vita. Se si dovesse fare un indice del mio libro, penso che fino a questo momento avrei scritto almeno tre capitoli.
Dunque, mi chiamo Benedito Junior Lima de Medeiros, sono brasiliano, faccio il 1° anno di Teologia e da 2017 abito nel Seminario Teologico Internazionale a Monza.
Nel primo capitolo racconterei la mia infanzia. Sono nato in Almeirim, un paesino nel cuore dell’Amazzonia, sopra una collina che ha ai suoi piedi il Rio degli Amazzoni. Vengo da una famiglia cattolica che partecipa attivamente della comunità attraverso i vari servizi pastorali. Con l’aiuto dei miei genitori e dei miei nonni ho imparato da bambino ad amare Dio e a vivere con gli altri.
Pensavo già da piccolo di fare qualcosa che mi desse la possibilità di aiutare gli altri: diventare insegnante, o medico, oppure prete. Prima di finire le superiori ho condiviso con il prete del mio paese il desiderio di entrare nel seminario della diocesi, ma non avendo finito ancora gli studi mi ha chiesto di aspettare.
In quel periodo, ho ricevuto l’invito di una zia per trasferirmi in città affinché avessi la possibilità di finire gli studi e prepararmi meglio all’università. E qui comincia il secondo capitolo del mio libro, dove cambia la prospettiva e il contesto. Mi sono trasferito a Santana, nello stato dell’Amapà, dove ho finito gli studi e ho frequentato l`università per diventare infermiere. Nell’università ho fatto varie esperienze: di assistenza sanitaria, ricerca e insegnamento attraverso vari progetti.
Tra le esperienze che mi hanno molto aiutato nel mio cammino vocazionale ricordo le visite che facevo, con altri compagni, nei villaggi per portare medicine, fare delle conferenze di prevenzione di malattie ed esami sanitari. In quella realtà, ho visto che le persone avevano una carenza non soltanto di carattere sociale, ma anche religioso, perché il prete poteva visitare le comunità soltanto una volta all’anno causa la distanza.
Alla fine del corso, oltre lavorare nell’assistenza sanitaria sono diventato professore dell’università svolgendo corsi di salute. Le varie attività di lavoro hanno ridotto la mia partecipazione attiva nella comunità e ho dovuto lasciare la catechesi, i gruppi dei giovani, le attività missionarie. Il lavoro occupava tutto il mio tempo e la mia vita.
Nonostante mi piacesse l’idea di costituire una bella famiglia, avere un buon lavoro sapevo che questo non sarebbe stato il cammino che mi avrebbe fatto felice. Sentivo che qualcosa mi mancava. Dopo una lunga riflessione, aiutato da un amico, padre Brusadelli del PIME responsabile di una casa di accoglienza per gli anziani e malati a Santana, ho scoperto che Dio mi chiamava a diventare non soltanto sacerdote donando tuta la mia vita per amore, ma mi invitava a donarla senza misura diventando missionario fino agli estremi confini della terra.
Bastava soltanto io mio Si, che non era facile dare perché implicava lasciare tutto quello che avevo costruito fino allora per andare in posti che non conoscevo, lasciare la famiglia per incontrare persone sconosciute. Mi mancava solo di fare un voto di fiducia in Dio, e nel missionario che mi diceva e dimostrava d’essere felice.
Se nella mia regione esistono tante difficoltà di assistenza sociale e spirituale, p. Luigi Brusadelli mi ha fatto conoscere luoghi e situazioni , dove ci sono maggiori difficoltà e sofferenze. La lettura della rivista Mondo e Missão (Mondo e Missione brasiliano), attraverso il racconto delle vicende dei missionari del PIME sparsi nel mondo mi ha offerto una conoscenza ancor più approfondita di bisogni di molti nostri fratelli. Ho scoperto che anch’io ero in grado di aiutare e portare primo l’amore attraverso il messaggio del Vangelo, e che avendo l’amore per sé stesso e per gli altri, tutte le altre difficoltà sarebbero state risolte.
Questo discernimento mi ha fatto vedere che la missione non è soltanto una questione di necessità, perché anche nella regione in cui vivevo ce n’erano, ma di solidarietà con chi ha maggior urgenza di bisogno.
Il terzo capitolo della mia storia inizia col la decisione di entrare in seminario per diventare un prete missionario. Ancora una volta ho dovuto cambiare contesto e prospettiva di vita. Sono andato primo al sud dal Brasile, a Brusque, per compiere gli studi filosofici (2014), quindi in Italia per gli studi teologici, e qui mi trovo da due anni e mezzo.
Qui ho avuto l’opportunità di fare un discernimento più approfondito dell’invito che Dio mi fa, non soltanto di essere sacerdote rendendo la mia vita disponibile alla Sua volontà e al servizio degli altri, ma di servire come missionario dove Lui vuole.
Tante sono state le difficoltà nel mio cammino, dalla morte di mio fratello alla malattia della mia mamma, che mi hanno fatto ripensare varie volte la mia vocazione. Ma sempre con l’aiuto dei miei formatori, in particolare del mio padre Spirituale, alla fine ho costatato che tutto si risolve quando cerchiamo di essere felici e fare gli altri felici, e che la felicità la troviamo soltanto in Gesù, attraverso la sua vita e il suo messaggio che si riassume nell'amore.
Nonostante le mie varie limitazioni, debolezze e difficoltà, chiedo sempre al Signore di aiutarmi a essere testimone del suo messaggio affinché io possa camminare con Lui e insieme a Lui continuare scrivere la mia storia, secondo il progetto originale di Dio. E per questo mi affido alla Grazia di Dio e alle vostre preghiere.
Dunque, mi chiamo Benedito Junior Lima de Medeiros, sono brasiliano, faccio il 1° anno di Teologia e da 2017 abito nel Seminario Teologico Internazionale a Monza.
Nel primo capitolo racconterei la mia infanzia. Sono nato in Almeirim, un paesino nel cuore dell’Amazzonia, sopra una collina che ha ai suoi piedi il Rio degli Amazzoni. Vengo da una famiglia cattolica che partecipa attivamente della comunità attraverso i vari servizi pastorali. Con l’aiuto dei miei genitori e dei miei nonni ho imparato da bambino ad amare Dio e a vivere con gli altri.
Pensavo già da piccolo di fare qualcosa che mi desse la possibilità di aiutare gli altri: diventare insegnante, o medico, oppure prete. Prima di finire le superiori ho condiviso con il prete del mio paese il desiderio di entrare nel seminario della diocesi, ma non avendo finito ancora gli studi mi ha chiesto di aspettare.
In quel periodo, ho ricevuto l’invito di una zia per trasferirmi in città affinché avessi la possibilità di finire gli studi e prepararmi meglio all’università. E qui comincia il secondo capitolo del mio libro, dove cambia la prospettiva e il contesto. Mi sono trasferito a Santana, nello stato dell’Amapà, dove ho finito gli studi e ho frequentato l`università per diventare infermiere. Nell’università ho fatto varie esperienze: di assistenza sanitaria, ricerca e insegnamento attraverso vari progetti.
Tra le esperienze che mi hanno molto aiutato nel mio cammino vocazionale ricordo le visite che facevo, con altri compagni, nei villaggi per portare medicine, fare delle conferenze di prevenzione di malattie ed esami sanitari. In quella realtà, ho visto che le persone avevano una carenza non soltanto di carattere sociale, ma anche religioso, perché il prete poteva visitare le comunità soltanto una volta all’anno causa la distanza.
Alla fine del corso, oltre lavorare nell’assistenza sanitaria sono diventato professore dell’università svolgendo corsi di salute. Le varie attività di lavoro hanno ridotto la mia partecipazione attiva nella comunità e ho dovuto lasciare la catechesi, i gruppi dei giovani, le attività missionarie. Il lavoro occupava tutto il mio tempo e la mia vita.
Nonostante mi piacesse l’idea di costituire una bella famiglia, avere un buon lavoro sapevo che questo non sarebbe stato il cammino che mi avrebbe fatto felice. Sentivo che qualcosa mi mancava. Dopo una lunga riflessione, aiutato da un amico, padre Brusadelli del PIME responsabile di una casa di accoglienza per gli anziani e malati a Santana, ho scoperto che Dio mi chiamava a diventare non soltanto sacerdote donando tuta la mia vita per amore, ma mi invitava a donarla senza misura diventando missionario fino agli estremi confini della terra.
Bastava soltanto io mio Si, che non era facile dare perché implicava lasciare tutto quello che avevo costruito fino allora per andare in posti che non conoscevo, lasciare la famiglia per incontrare persone sconosciute. Mi mancava solo di fare un voto di fiducia in Dio, e nel missionario che mi diceva e dimostrava d’essere felice.
Se nella mia regione esistono tante difficoltà di assistenza sociale e spirituale, p. Luigi Brusadelli mi ha fatto conoscere luoghi e situazioni , dove ci sono maggiori difficoltà e sofferenze. La lettura della rivista Mondo e Missão (Mondo e Missione brasiliano), attraverso il racconto delle vicende dei missionari del PIME sparsi nel mondo mi ha offerto una conoscenza ancor più approfondita di bisogni di molti nostri fratelli. Ho scoperto che anch’io ero in grado di aiutare e portare primo l’amore attraverso il messaggio del Vangelo, e che avendo l’amore per sé stesso e per gli altri, tutte le altre difficoltà sarebbero state risolte.
Questo discernimento mi ha fatto vedere che la missione non è soltanto una questione di necessità, perché anche nella regione in cui vivevo ce n’erano, ma di solidarietà con chi ha maggior urgenza di bisogno.
Il terzo capitolo della mia storia inizia col la decisione di entrare in seminario per diventare un prete missionario. Ancora una volta ho dovuto cambiare contesto e prospettiva di vita. Sono andato primo al sud dal Brasile, a Brusque, per compiere gli studi filosofici (2014), quindi in Italia per gli studi teologici, e qui mi trovo da due anni e mezzo.
Qui ho avuto l’opportunità di fare un discernimento più approfondito dell’invito che Dio mi fa, non soltanto di essere sacerdote rendendo la mia vita disponibile alla Sua volontà e al servizio degli altri, ma di servire come missionario dove Lui vuole.
Tante sono state le difficoltà nel mio cammino, dalla morte di mio fratello alla malattia della mia mamma, che mi hanno fatto ripensare varie volte la mia vocazione. Ma sempre con l’aiuto dei miei formatori, in particolare del mio padre Spirituale, alla fine ho costatato che tutto si risolve quando cerchiamo di essere felici e fare gli altri felici, e che la felicità la troviamo soltanto in Gesù, attraverso la sua vita e il suo messaggio che si riassume nell'amore.
Nonostante le mie varie limitazioni, debolezze e difficoltà, chiedo sempre al Signore di aiutarmi a essere testimone del suo messaggio affinché io possa camminare con Lui e insieme a Lui continuare scrivere la mia storia, secondo il progetto originale di Dio. E per questo mi affido alla Grazia di Dio e alle vostre preghiere.