Una vocazione condivisa
Mi chiamo Éder Souza Gomes Cordeiro, sono brasiliano, vengo da sud del Brasile più precisamente dallo stato di Paraná e la mia città di provenienza si chiama Sertanópolis localizzata al nord dello stato confinante con lo stato di São Paulo. È una città agricola, con circa sedici mila abitanti. Vengo da una famiglia formata da sette persone, sono il più grande di cinque figli, tre maschi e due femmine, ho 36 anni, sono diacono da 5 mesi e aspetto ansiosamente alla mia futura missione che mi verrà comunicata a Marzo alla festa di san Giuseppe.
In modo particolare la mia parrocchia di origine: Paróquia Santa Terezinha (Santa Teresa di Gesù Bambino) è legata con la storia del PIME in Brasile, è una delle prime parrocchie affidata all’Istituto intorno al 1950, pochi anni dopo dell’arrivo dei missionari del Pime in terra brasiliana.
Posso dire che io sono un frutto dell’impegno e dell’amore missionario di tanti preti dell’Istituto che sono passati a Sertanópolis. Non posso dimenticare tre sacerdoti in particolare, p. Adriano Scorzato che mi ha catechizzato, p. Antonio Turra che è stato molti anni nella mia parrocchia, con cui ho avuto molto contatto, ed è stato l’ultimo sacerdote del PIME nella mia comunità, e infine p. Benedito Libano che è stato il mio primo animatore vocazionale, portandomi alla casa di animazione a Ibiporã dove si trova anche la casa di riposo per i nostri missionari, come la casa di Rancio di Lecco.
Sono cresciuto in questo ambiente missionario, dove tutti i sacerdoti venivano dall’estero, e immaginavo che tutti i preti fossero stranieri e che per forza dovessero fare i missionari. Quando ero piccolo avevo sempre questa idea nella mia mente: prete uguale missione, e questo pensiero è sempre stato presente dentro di me, da piccolo a circa dieci anni di età, volevo diventare un sacerdote e missionario come loro.
Crescendo, durante la mia giovinezza, tale idea nella infanzia mi è un può calata, ma non spenta, la “chiamata” al sacerdozio e alla vita missionaria è sempre stata presente, come una piccola fiamma nel cuore. Con l’età di 17 anni sono stato ammesso nel seminario Filosofico del PIME, nell’anno di 2004, rimanendo lì per due anni, e sono stati una grande scuola di vita, avendo come direttore spirituale il Vescovo attuale in Brasile nella diocesi di Santo Amaro a São Paulo, Mons. Giuseppe Negri, e come rettore della casa p. Aleandro Castrese, due uomini in cui ho potuto vedere l’esempio dell’amore alla missione e al sacerdozio. Ero troppo immaturo in quell’epoca, non avevo ancora chiaro cosa volevo veramente per il mio futuro e questo mi spaventava e alla fine dell’anno di 2005 a dicembre, concluso il primo anno di filosofia a Brusche, nello stato di Santa Catarina, ho fatto ritorno a casa, dove sono rimasto per 10 anni, per poi ritornare in seminario nell’anno 2015.
In modo particolare la mia parrocchia di origine: Paróquia Santa Terezinha (Santa Teresa di Gesù Bambino) è legata con la storia del PIME in Brasile, è una delle prime parrocchie affidata all’Istituto intorno al 1950, pochi anni dopo dell’arrivo dei missionari del Pime in terra brasiliana.
Posso dire che io sono un frutto dell’impegno e dell’amore missionario di tanti preti dell’Istituto che sono passati a Sertanópolis. Non posso dimenticare tre sacerdoti in particolare, p. Adriano Scorzato che mi ha catechizzato, p. Antonio Turra che è stato molti anni nella mia parrocchia, con cui ho avuto molto contatto, ed è stato l’ultimo sacerdote del PIME nella mia comunità, e infine p. Benedito Libano che è stato il mio primo animatore vocazionale, portandomi alla casa di animazione a Ibiporã dove si trova anche la casa di riposo per i nostri missionari, come la casa di Rancio di Lecco.
Sono cresciuto in questo ambiente missionario, dove tutti i sacerdoti venivano dall’estero, e immaginavo che tutti i preti fossero stranieri e che per forza dovessero fare i missionari. Quando ero piccolo avevo sempre questa idea nella mia mente: prete uguale missione, e questo pensiero è sempre stato presente dentro di me, da piccolo a circa dieci anni di età, volevo diventare un sacerdote e missionario come loro.
Crescendo, durante la mia giovinezza, tale idea nella infanzia mi è un può calata, ma non spenta, la “chiamata” al sacerdozio e alla vita missionaria è sempre stata presente, come una piccola fiamma nel cuore. Con l’età di 17 anni sono stato ammesso nel seminario Filosofico del PIME, nell’anno di 2004, rimanendo lì per due anni, e sono stati una grande scuola di vita, avendo come direttore spirituale il Vescovo attuale in Brasile nella diocesi di Santo Amaro a São Paulo, Mons. Giuseppe Negri, e come rettore della casa p. Aleandro Castrese, due uomini in cui ho potuto vedere l’esempio dell’amore alla missione e al sacerdozio. Ero troppo immaturo in quell’epoca, non avevo ancora chiaro cosa volevo veramente per il mio futuro e questo mi spaventava e alla fine dell’anno di 2005 a dicembre, concluso il primo anno di filosofia a Brusche, nello stato di Santa Catarina, ho fatto ritorno a casa, dove sono rimasto per 10 anni, per poi ritornare in seminario nell’anno 2015.
Sulla mia vocazione in cui oggi esercito il diaconato e presto come sacerdote missionario, mi sento debitore verso questi missionari che sono passati nella mia vita come veri testimoni e hanno lasciato il segno di Cristo dentro il mio cuore. Non posso dimenticare la testimonianza di fede dei miei genitori, come esempio dell’amore di Dio a me e ai miei fratelli e sorelle fino oggi.
Dopo essere stato ammesso al seminario di Teologia di Monza e quindi dover lasciare il mio paese e la mia famiglia per 5 anni, i miei genitori mi hanno espresso quello che hanno sempre desiderato: hanno sempre sognato che uno dei loro figli diventasse religioso o religiosa, consacrato a Dio e alla Chiesa. Con questa esperienza sono convinto della importanza che c’è la presenza e la fede della famiglia per le vocazioni, la famiglia ha il suo posto fondamentale nel “sì” di ogni giovane che sente la chiamata alla vita consacrata. La famiglia diventa sostegno del candidato alla vita religiosa quando offrono con il cuore a Dio la loro preghiera per la vocazione e della realizzazione del figlio o della figlia.
Oggi, a quattro mesi dalla fine del mio periodo di formazione in seminario Teologico e con l’avvicinarsi della partenza per la missione per tutta la vita, mi sento di ringraziare tutti quelli che hanno contributo alla mia formazione, alle parrocchie in cui ho svolto il mio apostolato in questi anni: Beata Vergine Assunta a Seggiano e Sant’Ambroggio a Cinisello, in cui mi sono sentito accolto e come a casa, sono debitore per l’esperienza di Chiesa in Italia, e grato anche per l’approfondimento nella fede.
Per finire, il segno più bello è soprattutto condividere questa strada vocazionale. La formazione teologica del PIME ci offre una esperienza particolare, siamo una comunità che riunisce a sé ragazzi di vare nazionalità, promuovendo una esperienza culturale ricchissima che aiuta nella scelta di una vita missionaria, anche per l’aspetto della fede che viene arricchita quando siamo aperti ad accogliere il nuovo e il diverso.
La cosa più bella è quando condividiamo questa strada vocazionale e i nostri sogni con qualcun altro, ed esprimo la mia gratitudine nell’avere come direttore spirituale p. Giuseppe Marchesi, dove mi ha sempre la sua semplicità mi è sempre stato d’ aiuto, dal Brasile nella formazione nel seminario filosofico, fino oggi nel seminario Teologico.
Raccontare un può di me in queste poche righe mi fa comprendere quanto è importante riconoscere quanto sia ricca la nostra vita, riconosco che la mia vocazione non è stata mai solo mia, ma è una vocazione condivisa, partita dalla testimonianza familiare che mi hanno dato la fede, poi dai missionari che hanno testimoniato Cristo a casa mia, e soprattutto da ogni persona che con il loro sorriso o con il loro pianto e preghiere, sono state partecipi della mia vita. Sento che la mia vocazione non è solo mia, ma appartiene ad ogni compagno di strada in seminario e delle comunità in cui ho vissuto e condiviso la mia vita di seminarista e di cristiano.
Éder Souza Gomes Cordeiro, Diacono
Dopo essere stato ammesso al seminario di Teologia di Monza e quindi dover lasciare il mio paese e la mia famiglia per 5 anni, i miei genitori mi hanno espresso quello che hanno sempre desiderato: hanno sempre sognato che uno dei loro figli diventasse religioso o religiosa, consacrato a Dio e alla Chiesa. Con questa esperienza sono convinto della importanza che c’è la presenza e la fede della famiglia per le vocazioni, la famiglia ha il suo posto fondamentale nel “sì” di ogni giovane che sente la chiamata alla vita consacrata. La famiglia diventa sostegno del candidato alla vita religiosa quando offrono con il cuore a Dio la loro preghiera per la vocazione e della realizzazione del figlio o della figlia.
Oggi, a quattro mesi dalla fine del mio periodo di formazione in seminario Teologico e con l’avvicinarsi della partenza per la missione per tutta la vita, mi sento di ringraziare tutti quelli che hanno contributo alla mia formazione, alle parrocchie in cui ho svolto il mio apostolato in questi anni: Beata Vergine Assunta a Seggiano e Sant’Ambroggio a Cinisello, in cui mi sono sentito accolto e come a casa, sono debitore per l’esperienza di Chiesa in Italia, e grato anche per l’approfondimento nella fede.
Per finire, il segno più bello è soprattutto condividere questa strada vocazionale. La formazione teologica del PIME ci offre una esperienza particolare, siamo una comunità che riunisce a sé ragazzi di vare nazionalità, promuovendo una esperienza culturale ricchissima che aiuta nella scelta di una vita missionaria, anche per l’aspetto della fede che viene arricchita quando siamo aperti ad accogliere il nuovo e il diverso.
La cosa più bella è quando condividiamo questa strada vocazionale e i nostri sogni con qualcun altro, ed esprimo la mia gratitudine nell’avere come direttore spirituale p. Giuseppe Marchesi, dove mi ha sempre la sua semplicità mi è sempre stato d’ aiuto, dal Brasile nella formazione nel seminario filosofico, fino oggi nel seminario Teologico.
Raccontare un può di me in queste poche righe mi fa comprendere quanto è importante riconoscere quanto sia ricca la nostra vita, riconosco che la mia vocazione non è stata mai solo mia, ma è una vocazione condivisa, partita dalla testimonianza familiare che mi hanno dato la fede, poi dai missionari che hanno testimoniato Cristo a casa mia, e soprattutto da ogni persona che con il loro sorriso o con il loro pianto e preghiere, sono state partecipi della mia vita. Sento che la mia vocazione non è solo mia, ma appartiene ad ogni compagno di strada in seminario e delle comunità in cui ho vissuto e condiviso la mia vita di seminarista e di cristiano.
Éder Souza Gomes Cordeiro, Diacono