Ucciso il 7 febbraio del 1953, nell’odierno Myanmar, padre Alfredo Cremonesi dedicò la sua vita alla missione. “Se nascessi mille volte, - scriveva - mille volte tornerei in missione”. Padre Cremonesi verrà beatificato domani, nel corso della Santa Messa presieduta dal cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presso la Cattedrale di Crema. “Abbiamo fatto di tutto affinché la beatificazione cadesse in questa data inserendosi nel Mese Missionario Straordinario”, rivela il vescovo di Crema, monsignor Daniele Gianotti, qualche istante prima dell’intervista.
Un missionario tutto d’un pezzo“Padre Cremonesi - spiega monsignor Gianotti - partì nel 1925 sapendo già che non avrebbe più fatto ritorno in Italia e così fu”. Missionario del Pime a Donokù, un villaggio del Myanmar, padre Cremonesi dedicò la sua vita al prossimo “con la chiara volontà di portare il Vangelo e di testimoniarlo nella piena devozione agli altri e nella carità senza limiti.” In una realtà difficile, in una terra abitata da centinaia di etnie differenti, in cui la diversità è, ed è stata, fonte di conflittualità, la missione ha portato luce e speranza. In mezzo ai conflitti che caratterizzarono il Paese asiatico all’indomani della Seconda guerra mondiale, padre Cremonesi fu un uomo di pace e di dialogo. “La sua morte - racconta monsignor Gianotti - è stata particolarmente dolorosa perché venne ucciso proprio mentre cercava di compiere l’opera di riconciliazione tra le varie etnie della regione”.
Il "sorriso della missione"Padre Cremonesi era conosciuto da tutti come il “sorriso della missione”. Veniva anche chiamato il “moto perpetuo” proprio per la sua inquietudine e passione nell’annunciare il Vangelo. Caratteristiche, queste, intrinseche dell’animo missionario. La volontà di stare in mezzo alla gente e di incontrare l’altro erano, in particolare, i tratti salienti della sua personalità. “Nel corso della guerra civile, quando fu costretto ad abbandonare il villaggio di Donokù, provò un grande dolore proprio perché dovette lasciare la sua gente, non potendo così supportarla nelle loro difficoltà”, prosegue il vescovo di Crema.
(Padre Alfredo Cremonesi)