L’albero di Etty
Noi veniamo da paesi e continenti che hanno vissuto la tragedia di genocidi e guerre, anche nel recente passato, di cui dobbiamo fare memoria perche' non succedano piu'.
Abbiamo dedicato un albero del giardino del seminario, su suggestione del preside Gianni Criveller, alla memoria di Etty Hillesum.
Etty Hillesum (1914-1943) è una giovane di Amsterdam di origine ebraica che riportò in un diario il suo viaggio interiore e le vicende tragiche della sua vita. All’inizio molto presa dalle sue insoddisfazioni esistenziali, vede il suo mondo crollare a causa della persecuzione nazista. Mentre i suoi amici perdono la fede di fronte al male, Etty fa un cammino al contrario: da non credente diviene credente. E scopre la bellezza della vita. Prega perché spinta da una forza interiore e scopre Dio dentro di sé, proprio quando Dio sparisce dalla scena del mondo. Si offre ad aiutare Dio e il suo popolo. Sceglie il volontariato nel campo di concentramento e smistamento di Westerbork e, pur potendosi salvare, decide di condividere la sorte tragica del suo popolo. Deportata ad Aushwitz, viene uccisa a 29 anni il 30 novembre 1943.
Il 13 febbraio 2013, due giorni dopo aver annunciato le sue dimissioni, Papa Benedetto XVI cita il Diario di Etty Hillesum. «Inizialmente lontana da Dio, lo scopre guardando in profondità dentro se stessa e scrive: Una sorgente molto profonda è dentro di me. E Dio è dentro quella sorgente. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri».
Alla sera abbiamo seguito in streaming lo spettacolo Etty Hillesum- Un cuore pensate, di Elda Olivieri, che attraverso parole, musica, canti ed immagini ha ricostruito la vita di Etty e il suo messaggio. È seguito un breve forum con Elda Olivieri a cui ha preso parte anche il nostro preside, che ha studiato a fondo Etty Hillesum e ne parla spesso anche a noi.
http://narrabilando.blogspot.com/2020/05/dammi-un-piccolo-verso-di-tanto-in-tanto.html
La missione di Etty
Se noi salveremo i nostri corpi e basta dai campi di prigionia, dovunque essi siano, sarà troppo poco. (…) Se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo – e non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione – allora non basterà.
Più tardi viaggerò per i paesi del tuo mondo, mio Dio, io lo sento in me, questo istinto che passa i confini, che sa scoprire un fondo comune nelle varie creature in lotta fra di loro su tutta la terra. E vorrei parlarne con voce sommessa e dolcissima, e insieme persuasiva e ininterrotta. Dammi le parole e dammi la forza. Ma prima voglio trovarmi al fronte, tra gli uomini sofferenti. E poi avrò bene il diritto di parlare!
Condividere il destino del proprio popolo
Molte persone mi rimproverano, dicono che chiunque possa fuggire deve provare a farlo, che questo è un dovere. Ma questa somma non torna. In questo momento ognuno si dà da fare per salvare se stesso: ma un certo numero di persone – un numero persino molto alto – non deve partire comunque?
Essere nelle braccia di Dio
Il buffo è che non mi sento nelle loro grinfie, sia che io rimanga qui, sia che io venga deportata. Trovo tutti questi ragionamenti cosi convenzionali e primitivi e non li sopporto più, non mi sento nelle grinfie di nessuno, mi sento soltanto nelle braccia di Dio.
E sia che ora io mi trovi qui, a questa scrivania terribilmente cara e familiare, o fra un mese in una nuda camera del ghetto o forsanche in un campo di lavoro sorvegliato dalle SS, nelle braccia di Dio credo che mi sentirò sempre. Forse mi potranno ridurre a pezzi fisicamente, ma di più non mi potranno fare. Questa è poca cosa, se paragonata a un’infinita vastità, e fede in Dio, e capacita di vivere interiormente.
La vita è davvero bella!
Sono già morta mille volte in mille campi di concentramento. So tutto quanto e non mi preoccupo più per le notizie future: in un modo o nell’altro, so già tutto. Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato. Ogni minuto.
Se sopravvivrò a questo tempo e se allora dirò: la vita è bella e ricca di significato, bisognerà pur credermi!
Come eravamo giovani solo un anno fa su questa brughiera, Maria, ora siamo un tantino più vecchi. Noi stessi non ce ne rendiamo veramente conto: siamo stati marchiati dal dolore, per sempre. Eppure la vita è meravigliosamente bella nella sua inesplicabile profondità, Maria – devo tornare sempre su questo punto.
La preghiera di Etty
Ieri sera, subito prima di andare a letto, mi sono trovata improvvisamente in ginocchio: spinta a terra da qualcosa che era più forte di me. Tempo fa mi ero detta: mi esercito nell’inginocchiarmi.
Esitavo ancora troppo davanti a questo gesto che è cosi intimo come i gesti dell’amore, di cui pure non si può parlare se non si e poeti. Qualche volta ho la sensazione di avere Dio dentro di me.
Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano.
Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni.
Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me. Una cosa, però, diventa sempre più evidente: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi, e l’unica che veramente conti, e un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio.
Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. E credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio.
Dammi un piccolo verso al giorno, mio Dio, e se non potrò sempre scriverlo perché non ci sarà più carta e perché mancherà la luce, allora lo dirò piano, alla sera, al tuo gran cielo. Ma dammi un piccolo verso di tanto in tanto.
L’albero di Etty
Mentre scrivo queste cose sento che è un bene che io debba rimanere qui. D’un tratto mi rendo conto di aver vissuto così intensamente, in due mesi ho consumato le riserve di una vita intera.
Ecco, l’albero è ancora lì, l’albero che potrebbe scrivere la mia biografia. Però non è più lo stesso albero –o forse sono io che non sono più la stessa persona. Mi metti davanti ai Tuoi massimi enigmi, mio Dio. Ti sono riconoscente per questo, ho anche la forza di affrontarli, di sapere che non c’è risposta. Bisogna saper sopportare i tuoi misteri.
Pane spezzato e balsamo per molte ferite
Comincio ad assorbire una piccola parte del gran dolore che dev’essere assorbito su tutta la terra. Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini. Erano così affamati, e da tanto tempo.
Vorrei essere un balsamo per molte ferite.